venerdì 18 novembre 2016

ANGELICAMENTE ANARCHICI

Don Andrea Gallo e Fabrizio De André raccontati da Michele Riondino

 

Cari lettori,
novembre si sta rivelando un mese ricco di occasioni per assistere a bellissimi spettacoli. Oggi, per la nostra rubrica “Consigli teatrali”, vi parlo di una rappresentazione che sta andando in scena in questi giorni al Teatro Carcano di Milano, dal titolo Angelicamente anarchici.
Ecco gli elementi più affascinanti e sorprendenti di questo spettacolo!




La scenografia


L'unico attore dello spettacolo, Michele Riondino, appare seduto su uno sgabello, di fronte ad un telone, sul quale è apparentemente proiettata la sua ombra. Nel momento in cui egli si alza, però, lo spettatore nota che quella figura sul telone si muove da sola, si distorce, cambia e, infine, lascia spazio a nuove immagini.

Il protagonista della storia dialoga con le ombre che appaiono sul telone ed utilizza le immagini che vi appaiono per raccontare storie.

Si lascia molto spazio alla fantasia: una scelta artistica coraggiosa, che rende l'attore protagonista un vero cantore di storie e fa sì che lo spettatore sia rapito dalle sue parole.



La storia di Don Gallo



Il protagonista della rappresentazione è Don Andrea Gallo, ormai morto ed arrivato in un ipotetico aldilà. Anche se ormai diventato un angelo, egli continua a conservare tratti della sua personalità anarchica e ribelle.

Egli si chiede, innanzitutto, dove siano molti dei ragazzi di strada prematuramente scomparsi di cui egli si era occupato in vita ed ai quali aveva dato un appuntamento dopo la morte. 
 
Ricorda, poi, la sua gioventù come marinaio e partigiano, le sue lotte a fianco dei più deboli, le persone che ha cercato di aiutare.

Non manca, infine, di discutere con un immaginario cardinale, un'ombra sul telone che a volte incombe ed a volte sfugge, chiaro simbolo della corruzione della Chiesa odierna.


Quello che più mi è piaciuto di questa interpretazione di Don Gallo è il fatto che gli autori dello spettacolo non abbiano cercato di fare una sua apologia o di renderlo una figura mitica. 
Esso è invece presentato come un uomo, a differenza dei tanti, troppi “santi” incensati dalle masse o autoproclamatisi tali: una persona che, pur con i suoi errori e possibili peccati, ha comunque continuato a camminare in avanti, un passo dopo l'altro, inseguendo un'utopia.




Le canzoni di De André



Lo spettacolo gioca molto sull'amicizia che c'è stata in vita tra il prete ed il cantautore. Le storie che Don Gallo racconta, infatti, sono proprio quelle delle più celebri canzoni di Fabrizio De André: Via del campo, La ballata del Miché, Un giudice, Dormono sulla collina.

Un posto d'onore è riservato alla Ballata dell'amore cieco (o della vanità), raccontata ed interpretata nei dettagli con grande intensità.

Le musiche sono proposte, nella maggior parte dei casi, con degli arrangiamenti del tutto nuovi ed originali, e sono suonate dal vivo da tre musicisti posti dietro al telone, che appariranno solo verso la fine della rappresentazione.




Genova e gli "ultimi”



Una canzone che non è stata cantata nel corso dello spettacolo, ma che è continuamente evocata, citata, raccontata, è La città vecchia, realistico ritratto della Genova più povera e degradata.

Frequentando regolarmente la riviera ligure ed essendovi molto affezionata, posso dire di aver conosciuto un po' Genova e (spero) di averne colto lo spirito. Per questo motivo mi sento di affermare che questa canzone di De André è ancora molto attuale. 
Certo, sono passati dei decenni, ma Genova continua ad essere un grande porto, un luogo di speranza, ma anche di fuga; nella stessa via si possono trovare monumenti bellissimi ed edifici degradati, turisti benestanti e persone più che povere. 

 
Questo spettacolo evidenzia molto bene il modo in cui Don Gallo e Fabrizio De André hanno vissuto la loro Genova: entrambi, a modo loro, sono stati dalla parte degli ultimi, cioè di coloro che nessuna cosiddetta “persona perbene” vorrebbe frequentare: le prostitute, gli ubriaconi, i pazzi, i ragazzi di strada.




L'attore



Il bravissimo Michele Riondino, in questo particolare monologo, tra musiche, immagini e racconti, dimostra di avere, secondo me, due capacità davvero straordinarie.

La prima è quella di creare interi scenari semplicemente con il potere delle sue parole: narrando le storie che abbiamo sempre sentito da Fabrizio De André, egli diventa, a sua volta, una sorta di cantautore, e ci presenta nuovi dettagli e poetiche riflessioni.

La seconda è invece quella di fare suo un personaggio, cogliendone l'essenza più autentica.
L'abbiamo visto donare un volto giovane, inedito ed un po' ombroso all'amatissimo commissario Montalbano; l'abbiamo ammirato ne Il giovane favoloso nella parte di Ranieri, amico di Giacomo Leopardi tanto diverso dal poeta quanto affezionato a lui; qui, invece, lo scopriamo nelle vesti di Don Andrea Gallo, avendo non di rado l'impressione di trovarci davanti proprio il prete scomparso.





Lo spettacolo resterà in scena al Teatro Carcano ancora per pochi giorni, fino al 20 novembre!
Nel caso non abitiate a Milano, tuttavia, vi consiglio comunque di informarvi su eventuali tappe successive dello spettacolo, perché, dal momento che sta riscuotendo un grande successo, è possibile che ben presto venga portato altrove.
Spero di avervi interessato!
Che ne pensate di Michele Riondino e dei ruoli che ha interpretato?
Che opinione avete dei due protagonisti di cui abbiamo parlato oggi?
Grazie mille per la lettura!
Al prossimo post :-)

2 commenti :

  1. Di Riondino ho visto qualche sua interpretazione in tv, soprattutto serie tv, e lo apprezzo tantissimo come attore; mi piacerebbe molto vederlo a teatro!!

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  2. Ciao Angela! Anche io conoscevo Riondino solo come attore di cinema e tv. Vederlo in teatro è stata una sorpresa graditissima! :-)

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