mercoledì 28 febbraio 2018

I PREFERITI DI FEBBRAIO 2018

Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese





Cari lettori,
siamo a fine febbraio e, esattamente come un mese fa, ritorna l’appuntamento con i “preferiti del mese”. Ecco tutto quello che ho amato in febbraio!



Il libro del mese



L’avvocato Valentino Bruio è il protagonista di questo noir di Giancarlo De Cataldo, l’autore dell’ormai celebre Romanzo criminale.

Bruio è un uomo di mezza età piuttosto cinico e disilluso. Vive da solo, non ha molti amici, non è particolarmente stimato dai colleghi e di certo non ha fatto carriera. I suoi clienti sono sempre dei piccoli delinquenti finiti in guai più grossi di loro: persone povere, spesso extracomunitarie, con le quali la vita non è stata generosa.

Stufo di dover assistere l’ennesimo operaio di colore, che afferma di non avere più notizie da giorni del figlio di sei anni, egli lo manda via, chiedendogli di ritornare con qualche prova più concreta.
Quando però l’uomo viene trovato morto, egli si sente in dovere di indagare sia sulla sua fine che sulla scomparsa del bambino. Ben presto l’inchiesta lo porta a conoscere una ricca famiglia romana, presso la quale il suo “quasi cliente” ha lavorato a lungo.

Sarà assistito nell’operazione da un commissario ribelle e sui generis, inviso al resto della polizia almeno quanto lui lo è al resto della magistratura.


Nero come il cuore non è una novità editoriale, anzi. Tuttavia vale la pena di leggerlo proprio perché, pur essendo una storia che ha ormai qualche anno, è di un’attualità quasi sconcertante. È un romanzo a metà strada tra il giallo ed il thriller, scritto da un magistrato che sicuramente, nel corso della sua carriera, ha avuto a che fare con i terribili delitti che qui racconta.
Ho apprezzato molto anche lo stile del libro, davvero colto ed arguto.



Il film del mese



Stefano Accorsi è Riccardo, detto Rico. La sua vita lavorativa sembra, per molti versi, lo specchio dell’Italia degli ultimi anni: da trent’anni egli fa l’operaio in un salumificio, non ha mai visto un aumento di stipendio, ed ogni giorno che passa è sempre più preoccupato perché tagli e licenziamenti sono all’ordine del giorno.

Inoltre egli è in crisi con sua moglie Sara (Kasia Smutniak), che fa la parrucchiera e tutti i lunedì si prende del “tempo per sé” con un’amica, soprattutto perché esasperata dalle scappatelle del marito e tormentata dal rimpianto perché è riuscita ad avere un solo figlio.

Rico cerca di sfuggire ai problemi comportandosi talvolta come un adolescente troppo cresciuto, ed unendosi ad un suo amico, un pittore ricco di famiglia soprannominato “Carnevale”, in discutibili serate e scampagnate.


Saranno però i problemi a cercare Rico. Una serie di circostanze lo metterà nella condizione di dover guardare in faccia tutto ciò da cui tenta costantemente di scappare, e sarà proprio quando sembrerà aver perso tutto che capirà ciò che per lui è realmente importante.


Made in Italy non è un titolo pretenzioso. Il film è, almeno dal punto di vista lavorativo e sociale, uno specchio di tante, troppe situazioni del nostro Paese, tra fabbriche locali sempre più in crisi, cinquantenni che vengono lasciati a casa disoccupati a meno di dieci anni dalla pensione, giornalisti che utilizzano e “politicizzano” la voce del popolo, manifestazioni che sembrano violente e sono solo disperate.

Per quanto riguarda tematiche come l’amore e l’amicizia, ho il sospetto che Ligabue, per la terza volta regista, abbia inserito qualcosa di autobiografico, anche se non lo conosco abbastanza per poterne essere certa.
Resta comunque una pellicola davvero godibile, che mi ha sorpresa in positivo.



La musica del mese



Febbraio è il mese di San Valentino, quindi ho scelto due brani molto romantici di due cantanti italiani decisamente amati.


Il primo è il nuovo singolo di Laura Pausini, Non è detto, una struggente ballata accompagnata da un bel video musicale ambientato sul mare, in compagnia di Cristiano Caccamo (attore già visto nelle fiction Il paradiso delle signore e Don Matteo).

Laura Pausini ci ha già regalato tanti pezzi in cui l’amore è protagonista, ma personalmente sono rimasta colpita dalla poesia di alcuni versi di questa canzone.


E non è detto che mi manchi sempre
le cose cambiano improvvisamente
e certi angoli di buio non avranno luce mai
e non è detto che non provo niente
se tengo gli occhi sul tuo sguardo assente
perché mi fido della forza di un ricordo casomai




Il secondo è il brano sanremese di Max Gazzé, La leggenda di Cristalda e Pizzomunno. Questa originale canzone, per la quale il cantautore ha ricevuto la cittadinanza onoraria dal comune di Vieste, racconta una leggenda pugliese tanto romantica quanto triste.

La storia narra che Pizzomunno, un bellissimo pescatore, fosse segretamente desiderato dalle crudeli sirene della costa, che gli proposero di diventare loro re. Il ragazzo rifiutò perché fidanzato con Cristalda, una ragazza del paese. Le sirene, allora, folli di gelosia, attirarono la fanciulla in un tranello, la incatenarono e la trascinarono in mare. Il pescatore pianse così tanto che si pietrificò sulla riva del mare.

Ancora oggi è possibile ammirare a Vieste il “Pizzomunno”, un grande scoglio bianco collocato nell’acqua bassa, simbolo di amore eterno.


E così la gente lo ammira da allora,
gigante di bianco calcare che aspetta tuttora
il suo amore rapito e mai più tornato!
Ma io ti aspetterò...fosse anche per cent’anni, aspetterò!
Fosse anche per cent’anni…
Si dice che adesso, e non sia leggenda,
in un’alba d’agosto la bella Cristalda
risalga dall’onda a vivere ancora una storia stupenda.



La poesia del mese



Per il mese di febbraio, a metà strada tra l’inverno e la primavera, ho scelto questo componimento di David Maria Turoldo, La bellezza di quando, che parla di come spesso il maltempo spinga le persone a ricordare il passato e ad aspettare con rinnovata speranza una nuova stagione.


La bellezza di quando la pioggia
batte sul tetto del cascinale, e tu
in pace con l’universo:
a ricordare gli amici
e i tempi andati,
e le speranze e gli amori
che ornavano i davanzali!
Poi la gioia del tuono
a rischiarare i campi
e tutta la corona dei monti.



Le foto del mese



La foto non è mia, ma ho voluto lo stesso condividere un bell’aperitivo perché il mese è stato all’insegna dei ritrovi davanti ad uno Spritz.

Sabato 3 ho condiviso un drink con amiche del paese che mi ripromettevo di vedere da settimane, giovedì 8 ho (finalmente!) rivisto tante mie storiche amiche dell’Università e giovedì 22 ci siamo concessi una serata aperitivo&teatro in famiglia.




Iniziano a fiorire le prime piante in giardino...finalmente finirà l’inverno? Io trovo che i colori di questi giacinti siano meravigliosi!




Ecco il meglio del mio febbraio 2018! Che cosa è piaciuto a voi, invece?
Avete film, libri, canzoni da consigliare? Qualche ricordo da raccontare?
Grazie per la lettura...ci sentiamo a marzo con il prossimo post :-)

lunedì 26 febbraio 2018

LA PARANZA DEI BAMBINI: ROMANZI E SPETTACOLO TEATRALE

Una serie di Roberto Saviano





Cari lettori,
per le nostre rubriche “Letture...per autori” e “Consigli teatrali”, oggi vi parlo di due romanzi davvero particolari, scritti da Roberto Saviano, che trattano un argomento di grande attualità: il fenomeno delle baby gang, ormai in espansione, specie in alcune periferie italiane.


In questi romanzi Saviano racconta le condizioni particolari in cui dei ragazzi che frequentano le scuole superiori o addirittura le medie si trovano a vivere: una realtà fatta di violenza, prevaricazione, droghe, lotta per la sopravvivenza. In questo sfondo si muovono i protagonisti della storia, dei veri e propri antieroi le cui gesta lasciano il lettore attonito e sconcertato.


Inoltre, lo spettacolo teatrale tratto da questi romanzi, per la regia di Mario Gelardi e con gli attori della Compagnia Nuovo Teatro Sanità, proprio in questi giorni è a Milano.


Vediamo più nel dettaglio libri e rappresentazione!



LA PARANZA DEI BAMBINI



A Napoli, in una zona di periferia, ci sono dieci adolescenti molto amici tra loro, che passano le giornate facendo tutto tranne che studiare: sfrecciano sui motorini, osservano la realtà che li circonda, sognano di essere già adulti e ricchi.
Il più autoritario di loro, Nicolas, detto “O’ Maraja” perché staziona sempre in un locale famoso in zona, un giorno decide di riunire tutto il gruppo e di dare vita ad una vera e propria banda criminale, subito chiamata “la Paranza dei bambini”.


I ragazzi si inseriscono subito nel giro dello spaccio, imparando a sparare prima dai tetti delle loro case e poi spaventando i loro vicini in sella ai loro scooter.
Pagina dopo pagina, “la Paranza dei bambini” ottiene il controllo di case, vie, quartieri; conosce dei vecchi boss in declino e ne diventa il braccio operativo; entra in conflitto con bande avversarie, senza uscirne mai sconfitta.

Per niente impauriti dalla prospettiva del carcere o di una morte violenta, Nicolas ed i suoi inseguono in maniera quasi disperata una ricchezza che, dopo tanti efferati delitti, sembra effettivamente arrivare.


Il prezzo da pagare, però, è tremendo: il dubbio, la menzogna, la rabbia iniziano ad insinuarsi nel gruppo, che non è più unito come all’inizio del romanzo. Più le “gesta” della Paranza ottengono il consenso della Camorra, più Nicolas e gli altri dimenticano quello che erano e smarriscono la loro anima nei vicoli ai quali sono tanto legati.



La Paranza dei bambini è un romanzo che utilizza un’efficacissima metafora: proprio come, nella pesca notturna, i pesci sono attirati dalla luce e nuotano in quella direzione, così i protagonisti credono nel sogno di una vita ricca ed agiata. Così come i pesci, però, essi sono destinati a soccombere.

Lo stile di Saviano è quasi verista: egli racconta la storia dal punto di vista dei ragazzi della paranza, con spietata oggettività.


BACIO FEROCE



Nicolas O’ Maraja non è più solo un ragazzo della Paranza: è diventato un boss a tutti gli effetti, pur avendo a malapena diciotto anni.

Accantonata la scuola, che nel suo mondo sembra non servire a nulla, si dedica giorno e notte a stringere nuove alleanze ed a preservare quello che ha costruito finora.
Insieme ad un’altra banda, capeggiata da un giovane malvivente soprannominato O’ White, cerca di ottenere il consenso di un vecchio boss che vive da recluso perché latitante. Il suo obiettivo è quello di diventarne l’uomo di fiducia, in modo da scalzare un loro potente e pericolosissimo nemico comune.


L’impresa non è facile, soprattutto perché la Paranza non è più, come agli inizi, un gruppo di amici. C’è chi si è allontanato da tempo ed in malo modo, meditando vendetta; c’è chi prova a scappare a Milano, ma poi subisce di nuovo il richiamo della sua vecchia vita; c’è chi si porta sulle spalle segreti da custodire e cognomi fastidiosi; anche chi è più fedele a Nicolas, in segreto, sogna di essere il capo della Paranza al posto suo…


La copertina rossa è perfetta per questo romanzo. Pagina dopo pagina, Saviano ci guida in una vera e propria discesa all’inferno: quella di Nicolas, della sua famiglia, di quelli che un tempo erano suoi amici. Più è alta la posta in gioco, più i ragazzi della Paranza sembrano in preda ad una febbre, una sorta di malattia che li spinge a desiderare di avere sempre più potere sugli altri e di mettere ancor più a repentaglio la propria vita e quella altrui.

Il lettore non può fare a meno di restare avvinto da questa lettura, anche se l’amarezza è davvero tanta ed il pugno allo stomaco finale è molto più forte di quello ricevuto dopo il primo capitolo.



LO SPETTACOLO DEL NUOVO TEATRO SANITA'



Lo spettacolo scritto da Roberto Saviano e Mario Gelardi non è certo al suo debutto: è nato a Napoli ed è stato rappresentato anche a Bologna, a Genova ed in altre città d’Italia.

In questi giorni è a Milano presso l’ex Teatro Leonardo, ora Mtm Teatro, in zona Piola.

Si tratta di una rappresentazione in gran parte fedele al romanzo: trasformare un libro in una sceneggiatura non è certamente facile, ma in questo caso l’impresa è decisamente riuscita.


Rispetto alla storia narrata nel libro, il mondo adulto è lasciato parzialmente in disparte, anche e soprattutto per quanto riguarda il cast: un unico attore interpreta il padrone del Maraja, il latitante dal quale i paranzini riescono ad avere le armi ed il padre di Nicolas. Tutta la storia è concentrata sui ragazzi, interpretati da giovani e bravissimi attori.


La scelta della scenografia è molto originale: ci sono impalcature e strutture semoventi che gli stessi ragazzi spostano nel corso della rappresentazione, in modo che di volta in volta lo spettatore abbia l’impressione di trovarsi di fronte ad una cucina, una camera, l’ingresso di un locale, una piazza.


I dialoghi sono serrati, energici, sorprendentemente ironici. Credo che lo spettacolo riesca a mettere in luce, in modo più immediato rispetto ai romanzi, il fatto che i ragazzi della paranza siano, a tutti gli effetti, poco più che bambini, che si ritrovano coinvolti in qualcosa più grande di loro. I protagonisti si esercitano a sparare così come sono abituati a giocare alla playstation, stringono alleanze con i boss parlando proprio come farebbero con il fratello in cameretta, e, senza volerlo, finiscono per prendere importanti decisioni che influenzano sia il loro destino che quello degli altri paranzini.

Persino la scelta dei costumi, che diventano sempre più scuri e meno informali man mano che la rappresentazione procede, sembra simboleggiare il graduale cambiamento dei protagonisti.


Si tratta, in definitiva, di una trasposizione che rende giustizia alla storia di Saviano e che emoziona e coinvolge lo spettatore grazie all’energia ed alla spontaneità del giovanissimo cast.




Voi che ne pensate?
Avete letto i romanzi? Vi è capitato di vedere lo spettacolo nella vostra città?
Sono davvero curiosa! Fatemi sapere :-)
Grazie per la lettura, al prossimo post!

giovedì 22 febbraio 2018

DIECI PICCOLI INDIANI...E NON RIMASE NESSUNO!

Un grande classico del romanzo giallo in scena al Carcano






Cari lettori,
primo appuntamento del 2018 con i “Consigli teatrali”!

Lo spettacolo del quale vi parlerò oggi è davvero irrinunciabile per gli amanti di Agatha Christie e del giallo in generale: si tratta, infatti, di Dieci piccoli indiani...e non rimase nessuno!, trasposizione sul palcoscenico di uno dei grandi classici della signora del brivido.

La rappresentazione, a mio parere, conserva intatte ambientazione ed atmosfera, facendo sì che lo spettatore sia, minuto dopo minuto, sempre più catturato. Vediamo insieme i dettagli dello spettacolo!



L’intreccio di Agatha Christie



Dieci personaggi che sembrano non avere nulla a che fare l’uno con l’altra vengono invitati a trascorrere un periodo di vacanza su un’isola ad un’ora di nave da Londra. Proprio lì un misterioso personaggio di nome N. N. Owen, che ha invitato tutti quanti con i pretesti più disparati (dall’offerta di un lavoro alle amicizie comuni) ha una lussuosa villa sul mare.

I dieci personaggi sono allegri ed eccitati all’idea di trascorrere un insolito periodo di villeggiatura, ma, proprio la prima sera, mentre essi si accingono a scegliere un po’ di musica per rallegrare la cena, una terribile voce esce dal giradischi.

Il misterioso autore del messaggio si presenta: si tratta dell’ospite, N. N. Owen. Egli accusa i protagonisti, l’uno dopo l’altra, di essere responsabili di alcuni terribili delitti nei confronti di amici, servitori, bambini.


Per i dieci “piccoli indiani” ha inizio un vero e proprio incubo ad occhi aperti: subito dopo la fine del messaggio, il primo di loro cade a terra, stroncato da una dose di cianuro messa nel suo bicchiere.

Ai sopravvissuti (che, ora dopo ora, sono sempre di meno) non resta che interrogarsi: tra loro c’è un assassino… o c’è qualcun altro sull’isola? Chi è il misterioso signor Owen? E perché i soccorsi da Londra, più volte richiesti, non arrivano?
Una situazione davvero spaventosa…



La filastrocca dei “10 soldatini”



Quando i dieci personaggi si riuniscono per la prima volta nel salone centrale della villa (che costituisce una bellissima scenografia), essi notano che su una colonna è scritta una filastrocca in caratteri illuminati.

Essa racconta l’inquietante storiella di dieci soldatini che muoiono tragicamente, l’uno dopo l’altro, finché l’ultimo non si suicida per disperazione.
Al di sotto della colonna ci sono dieci statuette antropomorfe.


La filastrocca è una parte costante della narrazione: essa viene cantata integralmente prima che le luci si spengano in sala, ed ogni sua strofa viene ripetuta quando uno dei dieci personaggi viene trovato tragicamente ucciso.
Ogni volta che un delitto viene compiuto, una parte della trascrizione in caratteri illuminati si oscura ed una delle statuette cade per terra, come spinta da una mano invisibile.
Questi particolari, già molto spaventosi nel romanzo, vengono riprodotti sul palcoscenico con straordinaria fedeltà.



I dieci personaggi ed i loro segreti



Com’è ovvio, lo spettatore non può fare a meno di chiedersi se i dieci protagonisti siano davvero colpevoli dei terribili delitti per i quali sono accusati o se siano solo vittime del disegno criminale di un pazzo.

La prima reazione di (quasi) tutti gli ospiti della villa è di rabbia e di sconcerto, e lo spettatore è portato a credere che la seconda ipotesi sia quella più veritiera.

Tuttavia, man mano che la rappresentazione procede, chi vi assiste comprende che molti dei personaggi non sono affatto come sembrano: chi ha l’aspetto di un inaffidabile avventuriero è stato (in parte) vittima del caso e delle circostanze, mentre chi sembra in tutto e per tutto rispettabile ha provocato deliberatamente la morte di qualcuno.

La bravura dell’ottimo cast fa sì che lo spettatore dubiti di qualsiasi cosa, persino di ciò che effettivamente appare sulla scena, e lo spinge a riflettere su quanto possa essere complessa la natura umana.



La suspense del giallo



Dieci piccoli indiani è un giallo piuttosto anomalo, per quanto riguarda l’opera di Agatha Christie: mancano, infatti, entrambi i suoi “eroi” (lo scontroso detective Poirot e l’invadente Miss Marple).

Persino l’ambientazione è lontana dalla civiltà, quasi straniante: un effetto simile è ottenuto solo in Assassinio sull’Orient Express, che pure, per certi versi, è più rassicurante, perché i personaggi, a differenza della storia qui raccontata, sembrano più solidali tra loro.


Proprio per questo motivo lo spettacolo è ricco di tensione, di suspense e di colpi di scena. Dieci piccoli indiani è la prova del fatto che non sono necessari effetti speciali per colpire (e talvolta spaventare) lo spettatore.




Lo spettacolo rimarrà in scena fino a domenica 4 marzo, presso il Teatro Carcano di Milano!
Conoscete Dieci piccoli indiani? Avete letto il libro o visto qualche film?
Avete già visto in teatro qualche spettacolo tratto dalle opere di Agatha Christie?
Lasciate un vostro commento!
Grazie per la lettura e al prossimo post :-)

lunedì 19 febbraio 2018

L'ULTIMO CARAVAGGIO

Una bella mostra sul 1600 presso le Gallerie d'Italia




Cari lettori,
nuovo appuntamento con i “Consigli artistici”! Oggi sono davvero felice di parlarvi di una mostra che ho potuto visitare in una location per me del tutto nuova, anche se a pochi passi dal mio amato Palazzo Reale.


Si tratta delle Gallerie d’Italia, un bellissimo palazzo che si può ammirare a destra della Scala, ormai da tempo diventato un museo.
La collezione permanente ospitata nelle sale, che spero di poter visitare presto, è dedicata al XIX e XX secolo.


Personalmente ho preferito visitare la mostra L’ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri. Come sapete, in autunno ho visto una mostra a Palazzo Reale su questo importantissimo artista e mi è sembrato che questa esposizione completasse l’altra. Vediamo insieme perché!



L’imitazione di Caravaggio



L’unico dipinto di Caravaggio della mostra è una delle sue ultime opere, Il martirio di Sant’Orsola.

Quello che mi ha colpito di questa tela è il tono minore, quasi dimesso rispetto ad altre sue opere. Il pittore ha infatti ritratto il momento in cui la santa è stata appena ferita tra petto e ventre ed osserva il fiotto di sangue che esce dal suo corpo, quasi rendendosi conto solo in quel momento della gravità e dell’importanza della sua scelta e delle sue conseguenze. Intorno a lei, i suoi carnefici sembrano sconvolti, quasi già pentiti per il gesto compiuto.




Quest’opera è particolarmente importante per l’esposizione perché ha fatto scuola tra i pittori della prima metà del 1600. La mostra, infatti, ospita altre due versioni del martirio di Sant’Orsola.


Con ogni probabilità, l’intento degli artisti che hanno dipinto queste versioni successive era quello di riprendere temi e composizione di Caravaggio… idea che, a mio parere, è riuscita solo a metà.

Sicuramente c’è molto di Michelangelo Merisi nella forza dei colori, nella ricerca di realismo, nella scelta degli abiti dei personaggi ritratti.

Tuttavia, in una di queste opere Orsola sembra colta da un’estasi mistica, mentre nell’altra tenta quasi una fuga dal suo aggressore. Il messaggio di queste opere risulta così completamente diverso rispetto a quello trasmesso dalla quieta e dimessa fanciulla dipinta da Caravaggio.



Le scelte artistiche di Marco Antonio Doria…



Se si parla di storia dell’arte, non si possono avere dubbi al riguardo: dove ci sono degli artisti, ci sono anche degli influenti finanziatori.

Nel corso della prima metà del 1600, questo compito così importante per onori ed oneri toccò alla famiglia Doria, e, in particolare, a due fratelli dai gusti molto diversi tra loro, Marco Antonio e Giovan Carlo.


Il primo, infatti, finanzia soprattutto artisti napoletani, alcuni dei quali di origine spagnola, e si concentra su tematiche quasi esclusivamente sacre.


I pittori amati da Marco Antonio Strozzi mi hanno ricordato molto una sezione della mostra “Dentro Caravaggio” a Palazzo Reale: quella dei santi di sesso maschile, come S.Agostino e S.Francesco. Sicuramente lo stile è molto simile: l’essenzialità, i pochi colori, l’intensità espressiva sono protagonisti di questi quadri.

In particolare, interessante è una tela con Gesù e Giovanni Battista dipinta da Battistello Caracciolo, che, secondo me, presenta un uso della luce molto simile a quello di Caravaggio.



...e di Giovan Carlo Doria



L’altro fratello Doria sicuramente ama molto di più i colori e la vivacità espressiva rispetto a Marco Antonio.


Egli, infatti, predilige le composizioni di alcuni artisti fiamminghi e francesi, che poi ispireranno, con le loro opere, i pittori del Nord Italia.

Monumentale è il suo ritratto a cavallo, che egli si fa fare dal celeberrimo Rubens: una vera esplosione di colori e di movimento.

Sacro e profano piacciono a Giovan Carlo alla stessa maniera: accanto al martirio di San Sebastiano possiamo trovare la regina egiziana Berenice.


Le sue scelte, rispetto a quelle del fratello, sono testimoni di un primo distaccamento dall’arte di Caravaggio ed anticipano l’epoca barocca.



L’amore per le storie sacre e per la classicità



I due allievi più importanti di Caravaggio, a giudicare da questa esposizione, risultano essere senz’altro Bernardo Strozzi e Giulio Cesare Procaccini.

Del primo possiamo ammirare una Sacra famiglia di rara delicatezza, ancora abbastanza lontana dallo stile barocco.

Del secondo, invece, sorprende l’enorme Ultima cena, che occupa una parete intera e che sembra riprendere non solo Michelangelo Merisi, ma anche e soprattutto Leonardo.




A questi soggetti più tradizionali, però, altri artisti, specie nel decennio tra 1630 e 1640, hanno accostato dei temi un po’ diversi.


Uno di essi è l’antico Testamento, tra episodi più conosciuti (come quello di Sansone a cui vengono tagliati i capelli) ed altri meno noti (come il re Saul che invoca gli spiriti dei re precedenti).


Un altro è la classicità greco-romana: molto bella una tela che rappresenta il suicidio di Catone l’Uticense, che non sembra poi molto diverso dai tanti martiri ritratti nelle sale precedenti.




La mostra resterà presso le Gallerie d’Italia di Milano fino all’8 aprile!
Spero di avervi incuriositi...ed aggiungo che ne vale la pena anche solo per ammirare il bellissimo palazzo che ospita l’esposizione!

Avete visto di recente qualche mostra dedicata a Caravaggio o agli artisti del 1600?
Conoscete questa location?
O magari avete visitato altre due sedi delle Gallerie d’Italia (a Vicenza e a Napoli)?
Fatemi sapere!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)